MAGIA DEL FUOCO DI BIVACCO
Testimonianza di un vecchio scout
“Un giorno, i capi ci radunarono e ci dissero che quella sera stessa avrebbe avuto luogo un fuoco di bivacco. Ci guardammo l’un l’altro chiedendoci cosa mai fosse. Ma agli interrogativi che ponevamo ai capi, la risposta era sempre la stessa: “Vedrete”.
Attendemmo trepidanti la sera e finalmente arrivò l’ora. Partiti dalla vecchia sede del campo sportivo con l’imbrunire, arrivammo alla pineta dei “Cappuccini”, quando ormai era completamente buio. Come tante lucciole, a torce accese, sfilammo lungo il viale ombreggiato dai pini per arrivare al piazzale dell’altare. Silenziosamente, ci mettemmo in cerchio attorno ad un grande e vispo fuoco che saliva al cielo con grandi fiammate. Eravamo una cinquantina di ragazzi. Ad un cenno dei capi ci mettemmo a sedere; nessuno osava parlare; non volava una mosca. Ci guardavamo stando a braccia conserte e alle domande rispondevano intimandoci il silenzio. Cosa significava quel fuoco? Nessuno di noi se lo spiegava. del resto eravamo tutti novizietti (una trentina) e per noi, lo scoutismo, con le sue gestualità ed i suoi rituali, era tutto da scoprire. Tutto era silenzio. Lo scoppiettio del fuoco ed il canto delle cicale erano gli unici suoni a creare una bellissima atmosfera sotto quel chiaro di luna ed un cielo stellato che si rispecchiavano sulla sottostante cornice del lago.
Nemmeno gli elementi più vivaci tra noi (e vi assicuro che ce ne erano) osavano parlare.
Ma improvvisamente ecco uscire fuori dal fitto della pineta un ometto vestito da capo indiano che, dirigendosi in mezzo al grande cerchio urlava, cantava e pronunciava frasi incomprensibili. All’iniziale sbigottimento di tutti, seguì una clamorosa risata che, poco dopo, fu interrotta dalle parole del capo indiano che diceva: “voi vi chiedete chi io sia! Io sono un grande stregone. Manitù mi ha dato un grande potere: la magia!” Non vi dico quali furono le esclamazioni di tutti noi: chi gridava “al pazzo”, chi si stendeva ridendo a crepapelle… Ma il fragor di ilari schiamazzi si spensero non appena il presunto stregone si mise in ginocchio, tolse di tasca una scatola di fiammiferi, la pose a terra e ricominciò ad urlare frasi sconnesse e preghiere verso il cielo.
Poi, levatosi in piedi, alzò un dito e sentenziò:” questa che vedete è una normale scatola di fiammiferi; io con la mia magia l’ho resa indistruttibile. Nessuno più la può distruggere. Sfido uno di voi, il più robusto, ad acciaccare la scatola.”
L’inattesa sfida ci stupì: lo stregone sembrava veramente convinto di quello che diceva e ci guardava con tono minaccioso. I capi trattennero a stento le risa. Noi non sapevamo cosa pensare e di nuovo il silenzio piombò sulla pineta. Vedendo che nessuno si faceva avanti, lo stregone ripropose l’invito, o meglio, la sfida. Eravamo veramente imbarazzati. E ancora più imbarazzati fummo io ed il mio capo squadriglia, quando i nostri compagni ci spinsero in mezzo al cerchio per farci superare la prova; così ci trovammo in mezzo a tutti. Guardai lo stregone che si stroppicciava le mani. Poi mi guardai indietro e vidi che il mio capo squadriglia si era rimesso a sedere. Ero solo. Solo con quel matto, mentre tutti ridevano e commentavano, facendo scommesse sulla riuscita della sfida. Lo stregone mi invitò ad avvicinarmi, poi disse: “ora, tu che sei robusto, schiaccia la scatola.” L’indiano ammutolì e a braccia conserte, attese una mia mossa. Non sapevo che fare. Guardavo i miei compagni che attendevano scalpitando come cavalli. Poi il mio sguardo si incrociò con quello del mio capo riparto che mi fece cenno di agire.
Con imperiosità e decisione alzai il pide destro e subito dopo sbattei lo scarpone a terra, fracassando il povero pacchetto di fiammiferi.
Per la terza volta fu il silenzio generale. L’indiano trasalì poi esclamò:” Per Manitù! Sei veramente un esploratore forte! Sei il primo che sei riuscito a spezzare il mio incantesimo. Bravo! di fronte ai tuoi amici presenti ti nomino il più gran rompiscatole del gruppo!”
Gli scouts, le guide ed i capi scoppiarono in una fragorosa risata. Poi, dopo un bell applauso, fui rimandato a posto.”