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DON MINZONI E LO SCOUTISMO

da | Gen 7, 2022

Non potevamo saltare questo bellissimo articolo preso da un numero di Esperienze e Progetti, del CentroStudi ed Esperienze Baden Powell.. E’ particolarmente significativo…. E riallaccia la questione alla drammatica per quanto affascinante storia di Don Minzoni…
DON MINZONI E LO SCOUTISMO
(per chi non sappia chi fosse stato Don Minzoni, basta seguire il link)

Il riparto Zolosa 1° ha tradizioni di buon vicinato con altri gruppi, anche se di associazioni diverse.

“Lo scout è fratello di ogni altro scout “..

Ci saranno delle differenze nelle uniformi, nei regolamenti, ma in definitiva lo spirito deve essere uguale in tutti, così come suggerisce B-P.
La fraternità è un fondamento portante dell’educazione scout ed è motivo di fierezza per tutto il movimento. Fraternità vuoi dire conoscenza, attività in comune, interscamblo di esperienze ed anche nobili confronti.
Certamente non vuoi dire reciproche scomuniche, che qualcuno potrebbe esser tentato dI comminare.

Per gli scouts di Zolosa, che vivono in campagna, occasione di conoscenza è anche la lettura di altre riviste che non siano quelle della propria associazione.
Un grande interesse destò qualche tempo addietro un numero di Esperienze e Progetti dedicato a don Giovanni Minzoni, grande figura di Assistente scout, martire per lo Scautismo.

Le Pantere in particolare scoprirono che Argenta, la parrocchia di don Minzoni, non distava più di settanta chilometri dalla sede e quindi era raggiungibile in bicicletta, in occasione di una uscita di squadriglia ben preparata. Preparata vuoi dire: progettata, attrezzata, motivata.
Per questo la squadriglia studiò l’itinerario e i punti d’appoggio, l’equipaggiamento e gl’interrogativi a cui dare risposta in quella “esplorazione”.
Il progetto, prima di diventare operativo, fu presentato al capo riparto che lo approvò con note di lode e con l’impegno, da parte sua, di contattare Il parroco di Argenta per ottenere l’opportuno appoggio logistico in loco. Il capo non trascurò di far notare che la distanza era proprio quella giusta per tentare la conquista della specialità di ciclista.
Da notare anche lo studio che fu compiuto per attrezzare le biciclette con due borse, acquistate in un magazzino di surplus militari ed opportunamente modificate ed adattate. Così fu eliminato Io zaino, che male si adatta con la posizione del corpo sulla bicicletta.

Il percorso non poneva problemi poiché era tutto pianeggiante nella bassa bolognese. In fase di preparazione la squadriglia si documentò anche sui problemi agricoli e sociali della zona da attraversare. Non rimaneva infine che partire, osservare i luoghi, scambiarsi le opinioni e fotografare.

Al loro arrivo ad Argenta, gli scouts furono coinvolti dal parroco in un pellegrinaggio vespertino, a piedi, verso Il santuario della Celletta, situato in mezzo alla campagna. Quella festa fu anche un’occasione per fare anche alcune osservazioni sulla devozione popolare.
Al ritorno chiacchierarono proficuamente con il parroco, rincresciuto di non avere gli scouts ad Argenta e preoccupato per la lentezza con cui procede il processo di beatificazione di don Minzoni.
«Dovrebbero essere gliscouts di tutt’ltalia a spingere, a sollecitare, a pregare! ».

La squadriglia ricostruì sul luogo le fasi dell’aggressione a don Giovanni, poi si recò a pregare sulla sua tomba, all’interno del duomo.
Tre cose, in particolare, suscitarono l’interesse dei nostri scout:
Il giglio scout ASCI posto sulla tomba; il ricordo della visita e della preghiera di S.S. Giovanni Paolo II e una serie di fazzolettoni scout multicolori allineati sul sarcofago.
È tradizione che i gruppi in visita lascino il loro, come segno di partecipazione e di affetto, senza distinzione d’associazione.
Le Pantere con una semplice cerimonia aggiunsero il fazzoletto del loro gruppo, recitando sull’attenti la Legge e la Preghiera scout.

La commozione era nel cuore di tutti e certamente quei ragazzi conserveranno, anche da adulti, il ricordo di quel momento «Sarebbe bello — disse il vice caposquadriglia — che ci fossero tutti i fazzolettoni d’italia! ma come sistemarli? ».
«Niente paura — aggiunge il caposquadriglia — diffondiamo anche noi l’idea
— e il parroco don Tullo, pieno cpm’è d’iniziative, saprà risolvere il problema, forse con due grandi rastre/liere a~fianco della tomba ».
« Sarebbe bello che anche i Gruppi lontani, impossibilitati a venire ad Argenta, spedissero il loro fazzolettone per posta » — aggiunse il quarto di squadriglia —non meno sveglio degli altri.

Nella mattinata di domenica, completate le ricerche e le osservazioni, la squadriglia si offrì di servire la S. Messa, come era solita fare nella sua parrocchia, poi prese la strada del ritorno, portando dietro il ricordo e le emozioni vissute.
«È stato un vero pellegrinaggio — disse il caposquadriglia — che abbiamo compiuto anche a nome di tutti gli scouts del mondo! ».

Beh, l’espressione poteva sembra un tantinello esagerata, ma certamente interpretava il sentimento delle Pantere che se ne tornavano a Zolosa con la sensazione di aver raggiunto qualcosa nel proprio patrimonio ideale.

Un temporale rallentò un po’ la tabella oraria, che prevedeva l’incontro con Michele, il capo, e con I genitori, presso la chiesa di Villanova. Veramente era previsto anche un incontro con il sottoscritto per completare la riflessione su don Minzoni e il sacerdozio. Non rimaneva molto tempo: cercammo di occuparlo convenientemente con un dialogo veramente partecipato.

Era giunta intanto l’ora della funzione pomeridiana. Stavo per licenziare gli scouts quando essi si offrirono per il servizio liturgico. Non potevo certo rifiutare tale segno d’impegno, tanto più che in chiesa conserviamo un ritratto di don Giovanni e quindi il gesto poteva sembrare un completamento del/a missione e un ringraziamento a Don Minzoni per la missione compiuta in suo nome e certamente anche con il suo aiuto.

Ora tutta l’uscita è organicamente documentata e fa parte dell’archivio del gruppo a perpetua memoria.

C’è un ultimo particolare che può sembra insignificante ma che per me ha grande valore.
Lunedì incrociai, in una delle vie del mio paese, un parrocchiano, sempre ben informato e noto per saper interpretare i desideri e i giudizi del “popolo”, che dopo il saluto mi disse:
« Bravi gli scouts che hanno servito la funzione di Ieri pomeriggio. Ha notato che tenevano le mani giunte …? »
lo non avevo notato il particolare, ma certo l’osservazione del parrocchiano mi fece molto piacere.
Tra gli scouts circola infatti un modo di dire che suona così:
« Non basta fare le cose, occorre farle bene; Non basta farle bene, occorre far/e al meglio ».
È’ questione di stile scout ed è sulIo stile che ci si confronta cavallerescamente tra scout.

don Annunzio

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